7 Febbraio 2017 Emanuele Bompan

Trump scalda il clima

Abile comunicatore ma con una linea poco chiara. Che prima afferma di non credere ai cambiamenti climatici e di voler rilanciare il carbone. E poi si dice aperto a valutare ogni possibilità. Intanto il mondo ambientalista si prepara.

 

 

Durante un’intervista con il New York Times il 22 novembre, Donald Trump ha dichiarato: “il clima è un tema che tengo sotto osservazione. Sono aperto a ogni possibilità. Immagino ci sia una relazione tra il cambiamento del clima e l’uomo. Sono preoccupato, però, di quanto potrà costare alle nostre aziende”. Abilissimo a far marcia indietro sulle proprie stesse dichiarazioni – in campagna elettorale si era detto scettico sui cambiamenti climatici, pronto a bocciare l’accordo di Parigi sul riscaldamento globale e rilanciare il carbone – è difficile dire quali posizioni prenderà realmente il neo presidente quando siederà alla Casa Bianca. Materia Rinnovabile ha raccolto le prime reazioni alle affermazioni di Trump da parte di stakeholder e ambientalisti.

Alla recente Conferenza sul cima di Marrakech, il 22° appuntamento negoziale per implementare l’accordo di Parigi, Trump è stato il vero convitato di pietra, sconvolgendo l’andamento dei lavori e mettendo una seria ipoteca sul futuro del piano più ambizioso mai raggiunto per fermare il global warming. La sua minaccia di voler cancellare la firma degli Usa sull’accordo di Parigi aveva gettato delegati e ambientalisti nello sconforto.

Ma la domanda è: Trump può realmente cancellarlo? “Il presidente – spiega David Victor dell’Università della California a Science – potrebbe chiedere di abbandonare l’UN Framework Convention on Climate Change”, la convenzione delle Nazioni Unite che regola l’implementazione dei negoziati e dell’accordo. Mentre per Michael Oppenheimer dell’Università di Princeton, “basterebbe che Trump non rispettasse gli impegni previsti e cessasse il supporto a livello globale sostenuto dall’amministrazione Obama”.

Europa e Cina vs Usa

In Europa le affermazioni del neo presidente hanno subito raccolto forti critiche da parte di Ministri e Capi di Stato. Non è servito il mezzo passo indietro del 22 novembre fatto da Trump che ha aperto uno spiraglio possibilista. Ma se la reazione dura dell’Europa (seppur debole) era attesa, anche la Cina ha subito alzato la voce contro il presidente appena eletto, affermando di voler proseguire sulla strada della decarbonizzazione. “Se si guarda alla storia dei negoziati sui cambiamenti climatici, questi hanno avuto inizio con l’Intergovernmental Panel on Climate Change sostenuto proprio dai repubblicani durante le amministrazioni Reagan e Bush senior”, ha dichiarato Liu Zhenmin, viceministro agli esteri cinese. “Speriamo che l’America continui a giocare un ruolo di leader nella lotta ai cambiamenti climatici, dato che la popolazione è preoccupata che possa ripetersi quanto successo con il Protocollo di Kyoto, mai ratificato dagli Usa.”

La mobilitazione ambientalista

Ma se il mondo della diplomazia attende la data dell’insediamento per capire meglio la posizione della presidenza Trump, la galassia ambientalista americana non ha perso nemmeno un secondo per riorganizzarsi. E iniziare una lunga opposizione all’uomo dalla chioma arancione. A partire dall’appello rivolto dal comico John Oliver a sostenere economicamente il Natural Resources Defense Council (una delle principali organizzazioni green americane), per passare al boom di donazioni ricevute dall’Earth Justice (una no-profit di avvocati a favore dell’ambiente) per portare in aula ogni possibile contrattacco contro la nuova amministrazione. E, infine, arrivare ai 9.000 nuovi sostenitori iscrittisi nel giro di pochi giorni al Sierra Club, e alle grandi campagne globali in via di preparazione da parte di 350.org, il movimento online creato da Bill McKibben, pronto a combattere “la più importante di tutte le battaglie”.

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