18 Gennaio 2011 Emanuele Bompan

Mercato delle emissioni. Superato Kyoto, la crisi

CLIMA. Con il Protocollo che regola la produzione di CO2 in scadenza, la battaglia contro il riscaldamento globale è sempre più difficile. Troppi i Paesi che si oppongono a una sua proroga.

Il 2012, l’anno della fine del mondo di tanti film di fantascienza, potrebbe veramente rappresentare una catastrofe nel circuito della finanza climatica. La ragione è la scadenza, il prossimo anno, della validità del Protocollo di Kyoto, insieme ai suoi meccanismi flessibili di mercato delle emissioni di gas serra. Su tutti il sistema di “cap and trade”, ovvero di tetti alle emissioni con l’obbligo, per chi sfora, di acquistare certificati da compagnie virtuose low carbon. Il meccanismo che diede inizio al mercato europeo delle emissioni (ETS), i sistemi di sviluppo pulito per i Paesi meno industrializzati (CDM) e i finanziamenti per progetti congiunti per tagliare gas serra (JI), sono riconosciuti da molti economisti di fama internazionale come Nicholas Stern, per aver decretato il successo delle energie rinnovabili e di numerosi progetti per diminuire la produzione di gas climalteranti. Senza un nuovo Kyoto, però, questi mercati potrebbero subire forti scossoni, compromettendo il meccanismo. E in questo momento il Protocollo è in crisi.

Nei giorni scorsi l’Unione Europea, per voce di Jos Delbeke, direttore generale per il clima per la Commissione Ue, ha dichiarato che «potrebbe servire un periodo di riflessione sugli obiettivi del Protocollo di Kyoto post 2012, a causa dell’opposizione di vari Paesi (Giappone, Russia, Australia, Canada e USA, nda) a un secondo periodo di impegni». Annuncio che ha scatenato preoccupazioni tra gli ambientalisti e nei mercati della Co2, dato che in assenza di tetti alle emissioni diventa più difficile stabilire un prezzo al carbone. A cercare di riportare un poco di stabilità ci prova la Banca Mondiale, signora della finanza climatica, che in futuro gestirà gran parte del “Fondo per il clima” stabilito a Cancún (100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020).

Ieri la Banca ha dato il via a un nuovo fondo da 68 milioni di euro per supportare numerosi progetti low carbon finanziati tramite i meccanismi del Protocollo di Kyoto. Il fondo verrà erogato attraverso l’Umbrella Carbon Facility (UCFT2) con il supporto di Deutsche Bank, Gdf Suez e Swedish Energy Agency. Questi soldi serviranno per acquistare i crediti (CER) generati da progetti di sviluppo puliti (CDM) che potrebbero rimanere invenduti alla fine della prima fase del mercato, che si conclude di fatto nel 2012. I mercati hanno reagito bene, ma i dubbi restano. Il mercato nel 2010 è cresciuto, ma meno del previsto, scambiando emissioni per oltre 92 miliardi di euro.

Se Usa e Cina creassero dei mercati nazionali la situazione potrebbe migliorare. Ma senza un accordo internazionale vincolante o una legge nazionale sulle emissioni, come quelle congelata al Senato americano, difficilmente questi nuovi mercati riusciranno a partire. In Usa, spiega Endre Tvinnereim, senior Analyst per l’agenzia Point Carbon, «a causa dello stallo alla legge su clima ed energia, anche i mercati regionali della Co2 (RGGI), hanno perso il 76 per cento». Senza mercato della Co2, la lotta contro il riscaldamento globale potrebbe essere più difficile. Il 2012 potrebbe essere, sì, una catastrofe per l’umanità.

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