25 Marzo 2016 Emanuele Bompan

Clima che non scalda

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Il clima non scalda i lettori. Interessa poco, distrattamente. Sembra di sentire sempre più spesso in questi mesi un adagio preoccupante, quanto mai veritiero. Da un lato a manifestarlo sono bravi giornalisti che si accorgono come nelle redazioni di grandi quotidiani “tirino” poco i temi inerenti a scienza del clima, negoziati, nuove scoperte, impatti sull’economia e società. «Prende il catastrofismo. Ma il resto? Visite risicate e poco interesse da parte dei direttori», ha confidato una collega desk di un noto quotidiano nazionale. Dall’altra parte anche il mondo dell’editoria, con l’eccezione di qualche editore dedicato, rimane freddo alla questione. «Non vende, non intessa», ha rivelato la responsabile di una prominente casa editrice all’autore. Aggiungendo «Personalmente nemmeno ritengo che la scienza del clima sia corretta». Segno che anche negli ambienti colti il climanegazionismo fa i suoi strali.

Il pubblico sembra disinteressato o poco informato sul tema, le opinioni sono pressapochiste e spesso contornate di complottismo e falsa scienza. Nemmeno l’incredibile inverno 2015 o la storica Conferenza di Parigi hanno riattivato un interesse di larga scala. Eppure, secondo uno studio di Nature Climate Change, in Italia, più del 90% delle persone afferma che il “cambiamento climatico è una minaccia seria”. Ma non va oltre lo slogan. E i giornali non danno spazio alla questione. Basta vedere come è stata coperta la Conferenza di Parigi dai media Italiani.

C’è dunque un problema di giornalismo o di narrativa culturale?

Sostiene la giornalista Elisabetta Corrà: « Una lettura quantitativa non riesce ad “aggredire” le resistenze che ci separano da soluzioni responsabili. Il cambiamento climatico si inscrive in un orientamento di civiltà, che possiamo chiamare “fossile”. La trasformazione della produzione netta primaria fossile in risorsa energetica ha modellato dall’interno le potenzialità culturali della nostra specie; in altre parole, petrolio e carbone ci hanno permesso di realizzare un certo modo di esistere. Occorre quindi un pensiero capace di profondità (rispondente cioè alla domanda: come siamo arrivati fin qui?) e di prospettiva (corrispondente a: come procedere oltre tenendo conto di ciò che siamo ormai diventati?)».

Come si ottiene una visione più umanista e profonda del problema, ma senza perdere i lettori distratti di oggi? Serve una narrativa migliore. Serve connettere il lettore con il problema con profondità e prospettiva. La quotidianità compromessa, i rischi per la sua terra nativa, per i suoi cari, per la propria identità. L’heimat. Serve mostrare qualcosa di diverso da un orso in fuga dallo scioglimento dei ghiacci. Serve essere l’orso sui ghiacci. Immedesimarsi in esso. I problemi dell’Artico sono anche qua dietro casa nostra, dentro casa nostra.

La narrativa deve essere local, densa di posti e di elementi noti. Quando si sposta dalle terre conosciute deve coinvolgere, saper tenere l’attenzione. Mai alienare. Deve coinvolgere.

Come sostenere questa nuova narrativa?
In questi anni il Centro Europeo di Giornalismo ha finanziato quasi un centinaio di reportage tramite l’Innovation di Development Journalism per trasformare radicalmente lo storytelling legato ai temi di cooperazione e sviluppo, finiti agli posti nell’attenzione dei lettori. Grazie ad un fondo di 3,5 milioni di € i temi della cooperazione sono tornati ad essere visibili nei grandi media europei, con innovative forme di giornalismo. Come il datajournalism, giornalismo multimediale e immersivo, storie a fumetti, newsgamification (giochi interattivi per mostrare dati e storie), reportage globali. Se vogliamo dunque tornare a scaldare il cuore dei lettori e attrarre la loro lezione dobbiamo reintrodurre una narrativa, che mischi l’arte della prosa ai nuovi linguaggi.
Tocca alle fondazioni, agli istituti scientifici e ai lettori finanziare e supportare strumenti per radicalmente modificare lo storytelling e i motivi narrativi sul clima. Non basta più riconoscere che esiste il cambiamento climatico.

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