3 Agosto 2012 Emanuele Bompan

Città sostenibili per l’Italia. Intervista ad Emanuele Burgin [parte 2/2]

Città sostenibili per l’Italia. Intervista ad Emanuele Burgin [parte 2/2]

Amministrazioni italiane e sostenibilità: strategie e priorità. Ecco la seconda parte dell’intervista esclusiva ad Emanuele Burgin, presidente del Coordinamento delle Agende21.

Per gli amministratori tuttavia il problema chiave rimane movimentare le risorse economiche necessarie per progetti di risparmio energetico, smart-tech e mobilità sostenibile. Quali strategie esistono oggi per finanziare progetti green?

Il vecchio modello per cui accendi un mutuo e tiri fuori le risorse non è più attuabile, è superato. Per ovvie ragioni di sostenibilità economica. Ma anche di norme: pensiamo al Patto di Stabilità. Occorre attivare percorsi innovativi di partnership pubblico-privata, coinvolgere le ESCO, le compagnie di Energy Service, ed imparare ad accedere ai fondi EU. Il Patto dei Sindaci offre varie opportunità. Localmente ci sono fondazioni bancarie come Cariplo, che hanno messo in campo risorse per creare i SEAP, i Piani di Azione Sostenibili per l’Energia, e che un domani potranno finanziare le azioni contenute nei piani. Inoltre esistono anche vari strumenti della BEI come il fondo ELENA (European Local ENergy Assistance, nda). Questo fondo ha un effetto di leva per investimenti 1 a 20: se tu nel piano hai un programma da 50 milioni di euro puoi portare a casa 2,5 (1/20) cofinanziati al 10% per fare tutto quello che serve per arrivare ad altri bandi e attivare azioni e strumenti innovativi. Per attivare queste procedure di finanziamento serve però la diffusione del know-how degli amministratori. In Italia ci sono province che hanno saputo accedere al Fondo Elena, come Milano, Modena e Chieti. Ma è un lavoro faticoso: farsi validare qualcosa a Bruxelles non è facile.

Un grosso ostacolo specie per i piccoli comuni. Come possono fare? Come posso aggirare questi ostacoli?

I comuni piccoli si devono mettere in rete. Ma vedo soprattutto una responsabilità importante nelle province italiane, che sono enti pubblici. Soggetti di rete come il Coordinamento si devono impegnare nella disseminazione delle informazioni e dei risultati. Noi abbiamo creato un progetto con fondi EU,  Intelligent Energy for Europe, dove abbiamo creato un luogo di confronto e di scambio per le province per condividere best practices.

Quali priorità hanno le città italiane in termini di sostenibilità?

Quando fai un’analisi dei consumi di un territorio si scopre che il 50% è ascrivibile al termico (riscaldamento), il 25% alla mobilità e il restante 25% nelle attività produttive. Quindi si dovrebbe partire dal riscaldamento degli edifici. Gli interventi sono noti. Se mi chiedessero come saranno le auto sostenibili tra 10 anni dovremmo farci un convegno. Se mi dicono come saranno le case tra 10 anni sappiamo che dovranno essere passive e dovranno eseguire una serie di interventi noti. Noi usiamo troppa energia per scaldare dell’acqua e scaldare i nostri edifici: questa è una priorità. Fenomeni legati al cambiamento climatico, come estati più calde e inverni più rigidi, aumenteranno ulteriormente i consumi energetici in futuro. Edifici costruiti negli anni 50, quando il petrolio costava pochi dollari a barile, sono dei “colabrodo” e vanno sistemati.

Bisogna “eco-ristrutturare” le nostre città?

Noi siamo in un contesto in divenire, in cui l’energia costerà sempre di più e il cambiamento climatico ne aumenterà la domanda. Questo comporterà che gli investimenti nelle eco-ristrutturazioni si ripaghino in tempi più rapidi. Oggi poi gli investimenti finanziari non sono più redditizi come lo erano qualche anno fa: un intervento di risparmio energetico – come un cappotto di isolamento che si ripaga in meno di 5 anni – è un’opportunità molto interessante di investimento economico.

Cambiamo scala: dall’Italia al globo. A Rio il 20 giugno si è tornati a parlare di sostenibilità. Cityfactor ha seguito da vicino questo evento. Agenda 21 nacque proprio a Rio 20 anni or sono. Come commenti il risultato?

Ero scettico prima e trovo confermato lo scetticismo, mi pare che i contenuti siano poco consistenti e a distanza di alcune settimane non ne parla più nessuno. Il modello delle conferenze universali non funziona più. Non so quale sia alternativa, ma noi ci troviamo con accordino insufficiente (Kyoto Protocol per il clima), nulla che lo sostituisce, nessuna convenzione quadro per lo sviluppo sostenibile.

A Rio si è tenuto anche il meeting dell’ICLEI, che ne pensi?

Come recenti riunioni dell’ICLEI la domanda fondamentale è stata come il tema della governace e della green-economy si possano coniugare in modo attivo sulle città. Stanno cercando di uscire dai confini occidentali per esplorare nuove regioni e nuovi fenomeni urbani: il mondo è cambiato. Vedo incertezza ma vedo anche che siamo in un momento molto delicato e i fallimenti potrebbero essere pagati a caro prezzo. Sarebbe meglio il bicchiere mezzo pieno che il rischio che il massimalismo non porti da nessuna parte. Certo le città sono al centro ma non possono fare da sole.

 

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