21 Gennaio 2011 Emanuele Bompan

Altro che auto blu

COPENHAGEN – Il mio pensatore ambientalista preferito? Kermit, la rana del Muppet Show!» Certo non si può annoverarla tra le risposte che ci si aspetta da un ministro, specie dopo aver posto la domanda con cruccio intellettuale interessato. «Per la sua frase “è difficile essere verdi”, ovvio», aggiunge con ironia.
L’ironia gioviale, insieme al pragmatismo ferreo, costituiscono l’anima di Lykke Friis, 41 anni, ministro danese con doppio portafoglio, per il Clima ed energia e per le Politiche di genere. Divenuta un personaggio conosciuto nel circuito ambientalista europeo dopo il suo exploit al negoziato di Cancún, ha scalato le vette del gradimento per la sua giovane età, un savoir-faire anticonformista e per la sua dedizione alla causa del cambiamento climatico, uno dei pochi ministri a porre la questione del riscaldamento globale in cima all’agenda politica di una nazione europea.

Il suo curriculum professionale e politico fa invidia a ogni under-40. Già prorettore nel 2006 all’università di Copenhagen (dopo aver iniziato a insegnare a 34 anni alla facoltà di scienze sociali), ha ricoperto dal 2003 al 2006 la posizione di responsabile al desk Politiche Europee presso la Confindustria danese. In politica ci entra dalla porta principale, come ministro, e alla faccia delle correnti si iscrive al Venstre – il partito liberale danese – solo dopo l’incarico ministeriale. IL l’ha incontrata nel suo ufficio ministeriale di Copenhagen. «Sono appena tornata dalle Maldive, dove la Danimarca ha dato avvio a una serie di progetti multilaterali di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico. Ne abbiamo altri in Kenya e Indonesia.

Ministro, parliamo del suo operato al dicastero del clima ed energia. Quali obiettivi si è prefissata?
«Nel lungo termine l’obiettivo della Danimarca è diventare completamente indipendente dai combustibili fossili entro il 2050, dobbiamo crescere costantemente nella produzione di energia da fonti rinnovabili e implementare l’efficienza energetica. Puntiamo sulla crescita industriale del settore delle energie pulite, ma ci sono anche grandi sfide, come i trasporti. In Danimarca non produciamo auto come in Italia e facciamo affidamento sulla capacità di altri Paesi di produrre auto ecologiche. Cerchiamo sempre nuovi percorsi tecnologici nel segno della sostenibilità economica. Se vedremo che sarà eccessivamente oneroso rimuovere l’ultimo segmento di combustibili fossili nel settore energetico, potremmo anche utilizzare tecnologie per la cattura e sequestro della Co2 (note come Ccs e molto controverse, nda). Per noi è importante avere una politica che bilancia sempre clima e sostenibilità economica».

Come si declina, da voi, la green economy?
«Oggi rappresenta il 12 per cento delle nostre esportazioni. È un aspetto centrale dell’economia danese. E se osserviamo i mercati che crescono ogni giorno – la Cina, per esempio – è evidente che sarà fondamentale nel futuro».

Qual è il decreto di cui va più fiera?
«L’approvazione di una super turbina eolica da 400 megawatt offshore, nei pressi di un’isola danese. Il vento è la nostra forza».

Come è andato l’ultimo negoziato sul clima, a Cancún? Meglio di Copenhagen?
«Il messaggio “Cancún can” (Cancún può, nda) si è rivelato corretto. Il negoziato ha prodotto risultati, nonostante fosse molto complesso e temevamo che lo slogan diventasse “un’altra Cancún” in riferimento al fallimento dei negoziati del Wto nel 2003. Un fallimento avrebbe significato la fine di tutti questi sforzi, e invece oggi il Copenhagen Accord è entrato dentro il Framework Onu. Sono state prese decisioni importanti, la sfida continua. Non abbiamo risolto tutti i problemi, ma siamo nella giusta direzione».

Protagonisti o comparse: che ruolo ha avuto l’Unione europea?
«Sicuramente un ruolo molto più propositivo nello spingere il negoziato in avanti. A Copenhagen invece si è persa la maggior parte del tempo a trovare un accordo tra i 27 stati membri».

Sono buoni i suoi rapporti con la nostra “ministra” Stefania Prestigiacomo?
«Certo non siamo d’accordo su alcune questioni in merito al cambiamento climatico, ma abbiamo un buon dialogo, sempre orientato al compromesso».

Lei ha un ruolo inusuale, non solo è uno dei pochi “ministri per il clima”, ma allo stesso tempo si occupa di pari opportunità. Esistono relazioni tra genere e effetto serra?
«Gli effetti del global warming hanno un’influenza diversa su uomini e donne, specie nei Paesi in via di sviluppo dove le donne sono spesso responsabili dell’approvvigionamento dell’acqua e quindi più esposte e molto più vulnerabili agli effetti disastrosi del clima, specie le alluvioni. In Danimarca è ovviamente diverso, ma una mia iniziativa è stata quella di supportare l’accesso delle donne ai programmi universitari di biologia e scienze climatiche. Serve avere anche il punto di vista delle donne».

Lei è una “fan” di Obama?
«Obama è terribilmente carismatico, ora però deve mostrare la sua intenzione a fare del “Yes we can” un cambiamento tangibile».

Il ministero non ha nessun parcheggio per auto e all’ingresso esiste un posto bicicletta riservato esclusivamente al “capo”. Una sua assistente ci ha spiegato che qui quasi tutti vengono su due ruote. E se occorre, una decina di city bike e mountain bike sono sempre disponibili per i dipendenti. Complimenti. Lei la sua bicicletta non l’abbandona mai?
«Quando nevica o piove: non è facile pedalare sul ghiaccio».

È sempre così eco-sostenibile?
«La mia casa ha ottimi standard, e poi sono membro del car pooling, cerchiamo di risparmiare dove possiamo. La mia casa estiva stiamo cercando di renderla completamente autosufficiente. Non sono vegetariana, però».

Nel suo ufficio c’è un’atmosfera casalinga.
«Il ministero stesso è una grande casa fatta di legno, super-efficiente, non uno di quei brutti uffici di cemento armato. Io ho contribuito a rendere il mio ufficio ancora più informale, esattamente come a casa: semplice e accogliente. Ho messo tutti gli stemmi della mia squadra del cuore, il Bayern-Monaco, incluso un pallone autografato (da Franz Beckenbauer, nda)».

E poi adora i modellini dei mulini eolici…
«Ne ho cinque, ma ho anche alcuni modellini di pozzi di petrolio, anche se si sta esaurendo… Sa, è stato un’importante fonte energetica per la Danimarca. Nel passato».

Ma ci sarà qualche peccato per nulla eco-sostenibile che lei commette. Vuole confessarsi?
«Mmh… il sushi!».

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