13 Aprile 2014 Emanuele Bompan

Rapporto IPCC: se vogliamo un futuro, stop ai combustibili fossili subito

Pubblicato il terzo report del panel scientifico globale sul clima.  Carraro, vicepresidente WG3-IPCC: “Agire subito, tecnologie e strumenti  ci sono”. L’inazione potrebbe costare fino a 5 punti di PIL globale.

EMANUELE BOMPAN

Dopo la diagnosi e la prognosi ora arriva la cura da cavallo che l’umanità deve adottare per salvare il nostro pianeta. Ovvero le azioni che dobbiamo adottare con urgenza se vogliamo fermare il cambiamento climatico ed evitare di superare la soglia dei 2°C, oltre il quale il clima del pianeta potrebbe letteralmente impazzire. Oggi infatti è stato pubblicato il “report finale sulla mitigazione” del “WG3”, il Terzo Gruppo di Lavoro della Commissione intergovernativa sul cambiamento climatico (IPCC). Oltre 10mila articoli scientifici sono stati analizzati da 235 autori e oltre 800 revisori per produrre un testo che offra indicazioni su come tagliare le emissioni di gas serra e fermare il global warming.

 

«Dal report emerge che abbiamo ancora molte opzioni per cambiare il corso della storia, ma poco tempo per metterle in pratica», riassume a La Stampa Carlo Carraro, vice-presidente della commissione del WG3 dell’IPCC e rettore dell’Università Cà Foscari.

Prima di tutto va sanata la nostra dipendenza dai combustibili fossili: petrolio, carbone e gas hanno contribuito per il 78% all’incremento totale di emissioni dal 1970 a 2010 e contribuiranno ancora di più se nulla cambia. Serve quindi ridurre il consumo di energia da fonti fossili in numerosi settori, in particolare quello industriale, residenziale e trasporti, che pesano rispettivamente il 23%, 18,4% e 14,3% del totale delle emissioni di gas serra.

 

Le modalità di cura sono tutte elencate nelle quasi 1000 pagine: dall’eliminazione dei sussidi ai fossil fuel, alla carbon tax, dagli incentivi alle rinnovabili, a piani nazionali di efficientamento energetico, dall’innovazione del cleantech al mercato delle emissioni, dalle politiche di riforestazione ai piani per il clima per le città. Il report, per ragioni politiche, non dà tuttavia indicazioni precise sulle migliori strategie da adottare. «Vari paesi, tra cui gli stati del Golfo si sono strenuamente opposti all’indicazione di misure specifiche per far diminuire l’uso di combustibili fossili», aggiunge Carraro. Difficile far digerire agli stati petroliferi le richieste della scienza.

Ma l’urgenza permane, anche per contenere i costi di intervento. «Agendo rapidamente, la transizione da un’economia basata sui combustibili fossili a una low-carbon potrebbe costare tra 1 e 2% del PIL globale», spiega Carraro. «Già intervenendo a oltre il 2020 i costi potrebbero salire fino a 4-5 punti di PIL. Infine secondo alcuni modelli analizzati nel report, se si iniziasse ad agire oltre il 2030 i costi sarebbero talmente elevati al punto che preservare i livelli di CO2 per tenere la temperatura sotto la soglia dei 2°C sarebbe impossibile». Un conto per le generazioni future, già fortemente ipotecate, insostenibile.

 

«Finalmente l’evidenza scientifica dimostra che investire in combustibili fossili significa rendersi complici della distruzione del nostro futuro», commenta tranchant Federico Antognazza di Italian Climate Network. «Serve una moratoria subito sui sussidi ai combustibili fossili e il recepimento in tempi brevi della direttiva sull’efficientamento energetico per gli edifici».

A livello globale secondo il report poi bisogna attivare un processo di cooperazione internazionale, per coinvolgere i paesi meno sviluppati nei processi di mitigazione delle emissioni di gas serra. Il riferimento è anche ai negoziati ONU di Lima a dicembre: un appuntamento decisivo che dovrà partorire una bozza definitiva per un vero accordo globale sul clima. «Ci auguriamo che l’Italia con il governo Renzi eserciti vera leadership e sfrutti questa occasione per fare pressione per siglare accordo internazionale nel quadro ONU basato sull’evidenza scientifica dei report IPCC», conclude Carraro